A partire da fine Ottocento, si tende a indicare come autore del Fiore di virtù un certo Tommaso Gozzadini (monaco bolognese il cui nome ci è restituito dal manoscritto Laurenziano Gaddiano 115): ma è questa una proposta che si regge su basi non molto solide, che il riesame diretto del manoscritto contribuisce a indebolire ulteriormente. Allo stesso tempo, uno spoglio della più antica tradizione manoscritta per ciò che riguarda le attribuzioni esplicite (tramite sottoscrizione) o implicite (tramite la raffigurazione dell’autore nella miniatura iniziale) consente di rafforzare l’ipotesi già di Maria Corti che l’autore fosse un laico. Infine, ci si concentra sull’explicit del manoscritto Vicenza, Biblioteca Civica Bertoliana 495 (tra i più antichi), del quale si cerca di offrire una spiegazione anzitutto letterale, quindi una più generale interpretazione, proponendo una nuova pista, anch’essa bolognese.
Since the end of the 19th century, the author of the Fiore di virtù tended to be identified with Tommaso Gozzadini (a Bolognese monk whose name is given back to us by the manuscript Laurenziano Gaddiano 115), but this proposal doesn’t rest on solid evidence, and the direct re-examination of the manuscript contributes to undermine it further. At the same time, a study of the earliest manuscripts regarding explicit or implicit attributions (through subscription or through the depiction of the author in the initial miniature) allows us to strengthen Maria Corti’s hypothesis that the author was a layman. Finally, we focus on the explicit of the manuscript Vicenza, Biblioteca Civica Bertoliana 495 (among the oldest), of which we attempt to offer a literal explanation and a more general interpretation; and, in doing so, we propose a new hypothesis which always concerns Bologna.
Il ms. 215 della Biblioteca Classense di Ravenna contiene un ricettario medico-farmaceutico della fine del Quattrocento che mescola la lingua dell’autore catalano con il latino e l’italiano. Si tratta probabilmente di un caso di commutazione diacronica per conservazione, perché il plurilinguismo si produce nell’atto della trasmissione, e perché le parti in italiano sono il riflesso di uno stadio testuale precedente. Il testo inoltre si rivela non solo plurilingue ma anche dialogico, perché gli enunciati non sono ricondotti a un unico centro enunciativo.
Ms. 215 of the Biblioteca Classense in Ravenna contains a pharmaceutical recipe book from the late 15th century that mixes the language of the Catalan author with Latin and Italian. This is probably a case of commutazione diacronica per conservazione, because the code switching arose in the act of transmission, and because the parts in Italian are a reflection of an earlier textual stage. The text turns out to be not only plurilingual but also dialogical, because the utterances are not anchored to a single enunciative center.
Sulla nuova edizione di Nicolò Premi, Il trovatore Pons de la Guardia, Strasbourg, ELiPhi, 2021.
About the new edition of Nicolò Premi, Il trovatore Pons de la Guardia, Strasbourg, ELiPhi, 2021.
Nella sua Chronica de sex aetatibus (814 ca.), Claudio di Torino riprende il tema topico per cui a un’unica lingua corrispondono diverse gentes. Nell’esempio, ispirato alla realtà contemporanea, la lingua è il latino e le gentes «Franci, Galli, Itali, qui et Romani, Langobardi, Hispani, Afri, Astures atque Vascones». In questa nota si cerca di capire che cosa si celi dietro questi etnonimi. L’impressione è che le diverse nazioni del mondo culturale latino siano identificate per lo più sulla base di criteri politico-territoriali, ma che in qualche caso anche l’elemento linguistico giochi un ruolo. Le parole di Claudio potrebbero essere dunque la prima descrizione, o almeno la prima delimitazione, dell’area linguistica romanza.
In his Chronica de sex aetatibus (c. 814), Claudius of Turin repeats the topos that a single lingua corresponds to different gentes. In the example, inspired by contemporary reality, the lingua is Latin and the gentes «Franci, Galli, Itali, qui et Romani, Langobardi, Hispani, Afri, Astures atque Vascones». In this note, an attempt is made to understand what lies behind these ethnonyms. The impression is that the different nations of the Latin cultural world are mostly identified on the basis of politico-territorial criteria, but that in some cases the linguistic factor also plays a role. Claudius’ words could thus be the first description, or at least the first delimitation, of the Romance linguistic area.