Questo studio si propone di analizzare l’utilizzo del colore come strumento stilistico e come cifra simbolica nella lirica trobadorica. Il bianco, utilizzato con un vasto raggio di applicazioni, è il colore più ricorrente. Al primato della luce si oppone il valore di contrasto dell’oscurità: dopo il bianco, i colori scuri, come il nero e il marrone, sono quelli che ricorrono con maggiore frequenza. Sono poi esaminati il simbolismo antropologico del rosso (vermelh, ros), l’ambiguità del verde, l’utopia del blu, la distopia del giallo, i colori animali. Le figurazioni coloristiche divengono strumenti di un repertorio formale cui i trovatori attingono ripetutamente, pur personalizzandoli nel loro uso. Il rapporto tra colore e referente nella formazione di una metafora è sempre biunivoco; così, se accade che il colore trasferisca sul referente qualità derivate dal suo retaggio simbolico, allo stesso modo il referente, a seconda delle sue qualità morali, può polarizzare positivamente o negativamente il colore.
This study aims to analyse the use of colour as a stylistic tool and as a symbolic figure in troubadour poetry. White, used with a wide range of applications, is the most recurrent colour. The primacy of light is opposed by the contrasting value of darkness: after white, dark colours, such as black and brown, are those that recur most frequently. Then the anthropological symbolism of red (vermelh, ros), the ambiguity of green, the utopia of blue, the dystopia of yellow, and animal colours are examined. Colour figurations become instruments of a formal repertoire that troubadours repeatedly draw on, albeit personalising their use. The relationship between colour and referent in the formation of a metaphor is always biunivocal; thus, if it is the case that colour transfers qualities derived from its symbolic heritage onto the referent, in the same way the referent, depending on its moral qualities, can positively or negatively polarise the colour.